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Il Sorgo

Il sorgo (Sorghum bicolor L. Moench) è una specie a ciclo fotosintetico C4 e presenta una maggiore efficienza fotosintetica in condizioni di elevate intensità luminose durante tutte le fasi del suo ciclo di sviluppo.

È coltivato principalmente in zone aride e semiaride per la sua tolleranza alle alte temperature ed alla siccità. Attualmente è il quinto cereale in ordine di importanza nel mondo dopo frumento, mais, riso e orzo.

Grazie alla

  • rusticità,
  • richiesta di minori apporti irrigui,

– richiesta di minori trattamenti per il controllo delle infestanti e dei patogeni,

questa specie può rappresentare una valida alternativa ai cereali attualmente coltivati, in particolare modo al mais.

In paesi in via di sviluppo (Africa e in Asia) il sorgo è destinato principalmente all’alimentazione umana, mentre in quelli industrializzati, viene utilizzato maggiormente per la produzione di mangimi, biomassa ed etanolo.

In Italia sono destinati a coltivazioni cerealicole 3˙838˙947 ettari (ha) ed il sorgo ne occupa circa l’1% (41˙088 ha). Le regioni italiane in cui questa coltura è più diffusa sono l’Emilia-Romagna con 21˙243 ha, la Toscana con 2˙129 ha e le Marche con 1˙959 ha. Nel Lazio sono destinati a coltivazioni cerealicole 116˙232 ha e il sorgo ne occupa solamente lo 0,2% (241 ha di cui 160 ha nella provincia di Roma).

L’introduzione di questo cereale e la creazione di una filiera ad esso dedicata porrebbe così le basi per il miglioramento della competitività dei produttori agricoli, anche mediante il contrasto all’uso improprio del territorio e all’abbandono di aree coltivate, grave emergenza ambientale anche nel Lazio.

Recentemente nuovi ibridi di sorgo si sono rivelati di particolare interesse sia dal punto di vista agronomico per la resistenza alla salinità, alla siccità e alle alte temperature, sia per la produzione di composti allelopatici per il controllo delle infestanti, e sia dal punto di vista qualitativo e nutrizionale per l’elevato contenuto in composti bioattivi, oligoelementi e acidi grassi, nonché per la mancanza di tannini. Introdurre nella realtà regionale e nazionale questo cereale attraverso lo sviluppo di una filiera agroalimentare sostenibile, potrebbe così contribuire – oltre al recupero di aree rurali marginali – alla produzione di alimenti funzionali idonei al consumo anche da parte di pazienti affetti da patologie correlate all’alimentazione (sensibilità al glutine) e da individui con abitudini alimentari diverse.